I disturbi alimentari psicogeni sono sempre più frequenti e con esordio sempre più precoce. La situazione pandemica ha ulteriormente incrementato l’incidenza di questo disturbo.
Data la complessità del quadro clinico e della relazione terapeutica molti professionisti sentono la necessità di approfondire questa tematica e di elaborare lenti interpretative efficaci per un utile intervento terapeutico.
Verranno esaminate nella prima giornata le teorie che altri orientamenti clinici propongono rispetto ai disturbi alimentari, confrontandole con quella del costruttivismo narrativo.
Il costruttivismo narrativo, con le ultime elaborazioni teoriche pubblicate proprio dal docente, Gabriele Chiari, sul riconoscimento, offre una lettura originale e rigorosa dei disturbi alimentari che permette un approccio clinico centrato sulla relazione terapeutica, come possibilità di favorire una nuova esperienza di relazione interpersonale, all’interno della stanza della terapia.
La disponibilità di sedute trascritte consente un’analisi puntuale e approfondita di alcune dimensioni di significato, centrali in questo tipo di disturbo.
I partecipanti possono confrontarsi con i docenti e con gli altri colleghi sui loro casi clinici.
L’uso delle metafore in campo clinico è estremamente interessante per quei terapeuti che lavorano sul focus della narrazione personale e su come si possano favorire nuove alternative narrative per raccontarsi e vivere.
Un terapeuta allenato a cogliere le metafore che il cliente utilizza ha accesso a un mondo preziosissimo di significati; possono essere immagini, storie, ma anche semplici parole con cui la persona riesce ad esprimere proprio quella sensazione o quel vissuto, altrimenti intraducibile. Non si tratta di una semplice operazione cognitiva, ma di un’esperienza incarnata che nella stanza della terapia coinvolge tanto il cliente quanto il terapeuta.
L’espediente del “come se” diventa una strategia elaborativa a un basso grado di minaccia per esplorare nuove possibilità e per dare voce e forma a un malessere difficilmente verbalizzabile.
Soprattutto quando il disturbo coinvolge la corporeità, come nel caso dei disturbi alimentari, il linguaggio delle analogie, delle similitudini, delle metafore rappresenta spesso la chiave di volta per “costruire un ponte” tra una mente e un corpo che appaiono aliena-ti l’una all’altro, schivando le trappole di un linguaggio inevitabilmente dualistico.
Obiettivo della seconda giornata formativa è arricchire la “cassetta degli attrezzi” discorsiva e relazionale dello/a psicoterapeuta attraverso l’approfondimento dell’uso delle metafore nel dialogo terapeutico, con esempi clinici ed esercizi autoriflessivi.
La proposta formativa è finalizzata a offrire la possibilità di immergersi nell’esperienza personale della pratica professionale in gruppo con lo scopo di ampliare il bagaglio di conoscenze teorico-cliniche in ottica costruttivista, attraverso dispositivi riflessivi.
Il corso si propone di sollecitare pratiche di autoanalisi e di ermeneutica del sé professionale utili a sostenere le decisioni e le azioni nei vari contesti di lavoro clinico.